24 marzo 2016


 Convegno sulla Certificazione, l’intervento di FederSicurezza 

Per il Presidente Gabriele “certificazione inutile se manca il riconoscimento del valore aggiunto”

Una platea di quasi duecento persone ha affollato ieri il Convegno di Vigilanza Privata Online sul tema certificazione e vigilanza privata, al quale hanno partecipato tutti gli stakeholders coinvolti nel processo di certificazione ex DM 115/2014: Ministero dell’Interno, Accredia, Organismi di Certificazione, Aziende e Associazioni di Categoria del settore.

In chiusura della sessione dedicata alle rappresentanze, tutte concordi sulla bontà della certificazione e sulla necessità di innalzamento del livello professionale degli operatori, Luigi Gabriele, Presidente di FederSicurezza, ha ricordato alla platea come, “questione morale” a parte, il compito di un’associazione imprenditoriale sia quello di sostenere i propri associati nell’adeguamento ad un meccanismo – a detta del Ministero dell’Interno – nuovo, complesso e faticosamente messo in moto, ma che finalmente sta procedendo e funziona.

“Se in una classe – si è chiesto – non tutti gli alunni sono da dieci e lode, cosa facciamo? Seguiamo la politica della “razza”, espellendo chi non ce la fa, o ci adoperiamo nel tentativo di integrare anche gli “ultimi”? Ricordiamoci che il nostro compito è quello di affiancare, con responsabilità, tutti gli imprenditori, e non di ammarare quelli che non sanno nuotare: non è questa la mission di un’associazione imprenditoriale.

Tutta la professionalizzazione del mondo, per quanto opportuna, non ci garantisce il futuro, neanche ai “primi della classe”, se nessuno poi si preoccupa di difendere i risultati raggiunti con tanto sacrificio. Non possiamo limitarci a parlare di etica imprenditoriale, né a pensare che questa etica ce la certifichi una circolare ministeriale che divida sulla lavagna i “buoni”  dai “cattivi”. L’Italia è lunga e stretta, e non si può pensare di mettere sullo stesso piano tutte le situazioni, né di poter salvaguardare rigidamente tutto il sistema senza aprire gli occhi sulla realtà delle cose”.

Cosa fare allora? “Bisogna prendere coscienza degli spazi che il mercato è realmente in grado di offrirci, quello stesso mercato che, nonostante la costante richiesta di professionalizzazione, continua a non riconoscere il valore del nostro servizio, committenze pubbliche in testa.

Chi difende i risultati della nostra professionalizzazione? Chi riconosce i costi sostenuti per far fronte a questo ineludibile percorso di specializzazione della nostra categoria?

Rendiamoci conto che l’attuale diversificazione dei servizi, rispetto alla quale non possiamo fare muro e tapparci il naso, non è altro che il risultato di un sistema in cui già oggi quasi più nessuno è disposto a pagare per ciò che veramente valiamo, per la nostra preparazione e per le certificazioni di cui ci fregiamo. Dobbiamo accettare la situazione, ma chiediamo quantomeno di essere sostenuti per poter recuperare, in termini di riconoscimento, le risorse spese per questo valore aggiunto, altrimenti oltre il danno ci troviamo anche a subire la beffa”.

In sostanza, FederSicurezza ha reclamato “maggiore attenzione da parte del Governo e, prima di tutto, una concreta sinergia tra i Ministeri, che ci riconoscano il valore di un servizio del quale hanno indiscutibilmente bisogno, perché lo Stato, lo sappiamo tutti, non può più garantirlo con le proprie risorse. Ricordiamoci che svolgiamo un’attività di sicurezza complementare, più che sussidiaria, e che siamo parte integrante del sistema. L’amministrazione dello Stato, e mi riferisco in particolare al Ministero dell’interno che da sempre è l’interlocutore più attento nei nostri confronti, deve aiutarci a far capire al Ministero del lavoro, per fare un esempio, che è inutile spendere tempo e risorse a scervellarsi sulle nuove tabelle del costo del lavoro, se poi queste non sono e non saranno mai più che indicatori qualificati, ma non cogenti, che nessuno si sentirà comunque in dovere di rispettare”.

In conclusione, “chiediamo di essere messi in condizione di farci ingaggiare per quello che valiamo realmente, altrimenti è inutile che ci certifichiamo”.